C'era una volta una principessa dolcissima di nome Miele che era, ahimè, bruttissima; i suoi genitori, il Re e la Regina, cercavano disperatamente di accasarla ma senza successo perché ogni pretendente, attirato dalla grande ricchezza di Miele, appena la vedeva scappava via a gambe levate.
Miele era inconscia della sua bruttezza perché i genitori avevano fatto togliere dalla reggia tutti gli specchi, quindi la fanciulla si sentiva bella perché si specchiava nel paesaggio delle sue terre incantevoli: dolci colline dorate, sulle cui creste si trovavano una o due fattorie perfettamente inserite tra il biondo del grano e il blu del cielo, qua e là scorrevano ridacchiando dei piccoli torrentelli, qualche pendio portava sul dorso delle lente, ritmiche processioni di cipressi che lo macchiavano di verde scuro; d'estate c'erano scoppi improvvisi di rossi papaveri e di fiordalisi blu e Miele si sentiva parte di questa meraviglia e non sospettava affatto di essere brutta.

Le spiegò che da quel momento in poi avrebbe dovuto camminare e camminare: ogni volta che il paesaggio sarebbe stato così bello da commuoverla, dai suoi piedi sarebbero cresciute delle radici che l'avrebbero tenuta ferma in quel posto per assorbirne la bellezza, riempiendola di linfa magica che poco per volta l'avrebbe trasformata da quel mostro che era in una splendida creatura.
Miele, piangendo, cominciò a camminare e ben presto uno scorcio meraviglioso la rapì, togliendole il fiato tanto la colpì: immediatamente dai suoi piedi uscirono delle radici che la ancorarono in quel luogo per tutto il tempo necessario.
Sentiva scorrere dentro di sé millenni di silenzi e di musiche, di colori e odori e, quando le radici la lasciarono libera, era già imbellita e riprese a camminare e camminare finché, in un altro posto e in un altro tempo, fu nuovamente inchiodata al suolo dalla meraviglia che la circondava.
Questo prodigio si ripeté più volte, finché Miele incontrò sul suo cammino un bellissimo giovane a cavallo che, vedendola sola, si offrì di accompagnarla dove volesse perché mai aveva visto prima d'allora una bellezza così intensa, il cui aspetto esteriore rifletteva un animo buono, ricco e sensibile.
Miele rivelò al giovane chi era e si fece accompagnare alla reggia, dai suoi genitori, che la riconobbero dai vestiti che indossava, dalla sua voce melodiosa e dalla sua immutata dolcezza.
La loro gioia fu immensa e concedettero subito al giovane la mano della figlia, poiché era evidente che egli l'amava perdutamente.
Le nozze furono festeggiatissime e ... che vi devo dire? Vissero felici e contenti, allietati dalla nascita di tanti bellissimi bambini.
Maria Grazia Lamonica
San Gillio, 12 febbraio 2008
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