LA TERZA ETA’
Nell’immaginario comune si pensa che la terza età sia popolata da vecchi.
E’ un concetto errato perché è l’età dove è possibile fare ciò che in gioventù
non si è fatto per varie ragioni: lavorative o familiari.
E’ l’età che può essere vissuta più lentamente, con più gusto, curiosità. (Sempre che la salute lo permetta).
Quando a Torino nel 1970 nacque l’università della terza età, io ero giovane, sposa e madre. Pensavo che le persone che la frequentavano fossero di una certa cultura, con un titolo di studio superiore. Ora che anch’io la frequento da molti anni so che non è così. Tutti possono accedere ai corsi di medicina, scrittura creativa, arte o laboratori di cucito, pittura ecc. ecc.
A proposito! C’è anche il laboratorio teatrale: il corso a cui partecipo con più entusiasmo. Per me è stato terapeutico. E’ il luogo dove mi lascio trasportare in personaggi di pura fantasia.
Quando c’è la pausa estiva ne sento la mancanza. In confidenza (detto tra noi) penso di aver sempre avuto la vocazione dell’attrice. Deve essere nel mio DNA. Già ho partecipato agli spettacoli di fine corso e scusare se è poco! Io attrice?
Lo so! Lo so che mi illudo … ma lasciatemelo sognare!!!
Certamente sarà il pubblico a giudicare se veramente ho talento e la stoffa per definirmi tale.
Penso però che non potrò continuare a lungo perché gli “anta” purtroppo non posso fermarli. Verrà il giorno in cui su di me calerà il sipario e chissà se allora ci sarà chi si ricorderà di me? Forse qualcuno dirà: “Ma sì, ti ricordi? Era Maria, quella che quando recitava ci faceva passare un quarto d’ora d’allegria”.
MARIA GHIO
UNIVERSITA’ DELLA “TERZA ETA’”
Della terza età! ….. anzi delle tre età. Perché si può partecipare dai diciotto anni a …… senza limiti di età. Perciò sino a quando si è presenti con la mente e l’intelligenza.
Quando mi è capitato di leggere i volantini affissi nei negozi ho pensato tra me e me:”Ma guarda un po’ …. possiamo continuare ad andare a scuola”. Allora mi sono informata, mi hanno detto che c’era un punto di riferimento che io chiamo ufficio, dove ci sono delle persone che si offrono volontarie per fare l’iscrizione, che sarebbe nel mese di ottobre che è anche il mese di inizio dei corsi che si protraggono fino a maggio.
Quando sono andata ad iscrivermi mi hanno dato un libretto che illustrava tutti i corsi ed i laboratori che l’UNITRE aveva organizzato, ed ogni persona poteva scegliere facoltativamente, a seconda dei propri gusti, interessi ed inclinazioni.
La cosa bella è che, anche se non si frequentano tutti i corsi messi a disposizione, si fanno amicizie con le quali nasce un rapporto di dialogo, senza odio né superbia. Anche con i “docenti” c’è una simpatia reciproca, si parla, si scherza, insomma si passa del bel tempo in compagnia.
Io non so chi sia stato all’origine ad avere questa bella idea, a pensare a questa iniziativa culturale, che soprattutto per noi anziani, diventa una scoperta, in quanto riusciamo a fare cose che non avremmo mai pensato di poter fare.
Io con altre amiche frequento il laboratorio di scrittura creativa “Parole in gioco” e come si suol dire, giocando con le parole, ognuna di noi è riuscita a comporre poesie, e altri scritti come racconti o fiabe …. E così tra uno scritto e l’altro si ride, si scherza, si comunica tutti quanti insieme in amicizia.
Ho imparato anche un po’ di inglese, spagnolo, adesso anche il dialetto piemontese. Facciamo teatro, ginnastica, anche quella ritmica. E così ridendo e scherzando sono arrivata al decimo anno.
Un grande grazie a chi ha avuto questa bella idea, e anche tante grazie a chi con tanta disponibilità ed entusiasmo, si impegna affinché tutto si svolga nel migliore dei modi, regalandoci questa bella opportunità.
ANGELA LANOTTE
Frequento l’Università della Terza Età da alcuni anni, partecipando a diversi corsi, tra cui scrittura creativa, da cinque.
Dopo tutti questi anni non pensate che dovrei passare da studentessa a docente? Naturalmente dopo aver fatto la mia bella tesi! Scusatemi tanto, ma c’è poco da ridere. A parte che preferisco sempre restare studentessa, sa più di gioventù, di freschezza. Quella che io non ho più.
Docente sa più di vecchio.
Ora datemi almeno la soddisfazione di presentarvi la tesi.
L’argomento è:
“IL PETTEGOLEZZO”.
Il paese è piccolo, la gente mormora, direi, più che mormorare spettegola.
Nei paesi in genere le persone si conoscono e anche le loro abitudini, tanto da rendere il terreno più facile al pettegolezzo.
Innanzi tutto non confonderei il pettegolezzo con la calunnia o con l’accusa (ammesso che la colpa esista).
Il pettegolezzo è sottinteso come elemento di segretezza a quattr’occhi, chi lo fa trova sollievo, quasi un bisogno, diventando con il tempo abitudine.
Un esempio: “Io so quello che tu non sai”. La notizia si propaga come una catena di S. Antonio e nei vari passaggi diventa più appetitosa, tanto da trasformarsi da diceria in leggenda e a volte in calunnia.
C’è poi il pettegolezzo vincolato e cioè: “Lo dico solo a te, ma non dirlo a nessuno” oppure “dillo pure a chi vuoi, ma non dirlo a X”, dove X è l’oggetto del pettegolezzo.
Poi, come recita il detto popolare, “L’ultimo a saperlo è poi sempre il marito o la moglie” (i traditi).
Come conclusione chiedo scusa a tutti gli stimatissimi docenti, in modo particolare a Silvana e Luigi, se mi sono permessa di giocare un po’.
MARIA GHIO
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